Parte 1 – Rischio e Rendimento
Quando si tratta di investire del denaro ci si prospettano diverse combinazioni di rischio e rendimento. Maggiore è il rischio cui ci si espone, maggiore il rendimento che si può realizzare. In realtà, l’alternativa è tra rischio e «rendimento atteso» (expected return), non tra rischio e «rendimento effettivo» (actual return). Il termine «rendimento atteso» è talvolta fonte di equivoci. Nel linguaggio di tutti i giorni, si ritiene probabile che un risultato «atteso» si verifichi. Tuttavia, in statistica, il valore atteso di una variabile è pari al suo valore medio. Pertanto, il rendimento atteso è una media ponderata dei rendimenti, con pesi pari alle probabilità che essi si verifichino. I tassi di rendimento, e le rispettive probabilità, possono essere stimati in base ai dati storici o quantificati in base all’esperienza soggettiva.
Esempio 1
Supponiamo di avere €100.000 da investire per un anno. Una possibilità è quella di comprare i Treasury bills a un anno. Il loro tasso di rendimento atteso è pari al 5% ed il rischio è nullo. In alternativa, si può comprare un’azione. Per semplicità, supponiamo che i possibili rendimenti dell’azione siano quelli mostrati nella seguente Tabella 1
La probabilità associata a un tasso di rendimento di -30% è pari a 0,05; la probabilità associata a un tasso di rendimento di -10% è pari a 0,25; e così via. Il «tasso di rendimento atteso» (expected rate of return) è pari a
0,05 x (-30%) + 0,25 x (-10%) + 0,40 x 10% + 0,25 x 30% + 0,05 x 50% =10%
Pertanto, assumendo un certo rischio, è possibile aumentare il rendimento atteso dell’investimento, passando dal 5% dei Treasury bills al 10% dell’azione. Se le cose vanno bene, l’azione può rendere il 50%, ma se le cose vanno male l’investimento può comportare una perdita del 30%, pari cioè a €30.000.
Uno dei primi tentativi per misurare il «tasso di sostituzione» (trade-off) tra rischio e rendimento atteso è stato quello di Markowitz (1952). Successivamente Sharpe (1964) e altri hanno fatto compiere all’analisi di Markowitz un ulteriore passo avanti sviluppando il «modello di valutazione delle attività finanziarie» (capital asset pricing model – CAPM), con la ben nota relazione lineare tra il tasso di rendimento atte-so e il «rischio sistematico» (systematic risk). Nel 1976 Ross ha sviluppato la «teoria della valutazione in assenza di opportunità d’arbitraggio» (arbitrage pricing theory) un’estensione del capital asset pricing model al caso in cui le fonti di rischio sistematico siano più di una. Le intuizioni fondamentali di questi accademici hanno avuto importanti effetti sul modo in cui i gestori analizzano il trade-off tra rischio e rendimento atteso.
Come quantificare il Rischio
Una misura che viene spesso utilizzata è la deviazione standard del tasso di rendimento a un anno. In termini analitici, la deviazione standard può essere espressa con la seguente formula
dove R è il tasso di rendimento e il simbolo E indica l’operatore «valore atteso» (expected value). Pertanto, E(R) è il valore atteso del tasso di rendimento a un anno.
Esempio 2
Come si è visto nell’Esempio 1, il tasso di rendimento atteso dell’azione cui si riferisce la Tabella sopra esposta è pari al 10%. Pertanto E(R) = 10%. Per calcolare E(R2) dobbiamo ponderare i quadrati dei tassi di rendimento con le rispettive probabilità:
Pertanto, la deviazione standard del tasso di rendimento è pari a
Come valutare l’opportunità d’Investimento
Supponiamo che ogni titolo sia caratterizzato da una particolare combinazione tra valore atteso e deviazione standard del tasso di rendimento. Se è così, i titoli rischiosi che sono disponibili possono essere rappresentati graficamente su un diagramma, in cui sull’asse orizzontale viene misurata la deviazione standard e sull’asse verticale il tasso di rendimento atteso. Dopo aver stimato il valore atteso e la deviazione standard del tasso di rendimento dei vari titoli, è naturale chiedersi cosa succede quando i titoli vengono combinati tra loro per formare un portafoglio. Consideriamo due titoli i cui tassi di rendimento sono pari, rispettivamente, a R1 e a R2. Il tasso di rendimento del portafoglio composto per una quota w1 dal primo titolo e per la restante quota w2 = 1 – w1 dal secondo titolo è pari a
w1R1 + w2R2
Il valore atteso del tasso di rendimento del portafoglio è pari a
dove e sono i valori attesi dei tassi di rendimento dei due titoli. La deviazione standard del tasso di rendimento del portafoglio è pari a
dove e sono le deviazioni standard dei tassi di rendimento dei due titoli e è il loro coefficiente di correlazione.
Tabella 2
Esempio 3
Sia La Tavola 2 mostra i valori di e per diverse combinazioni di e I calcoli mostrano che, facendo variare le quote degli investimenti nei due titoli, si può ottenere un’ampia varietà di combinazioni tra rischio e rendimento. Molti investitori sono avversi al rischio. Essi desiderano aumentare il rendimento atteso ma ridurre il rischio. Ciò vuol dire che, nel grafico 1, vogliono muoversi quanto più è possibile in direzione «nord-ovest». Come si è visto nel grafico 1, la costruzione di un portafoglio composto da due titoli li aiuta a raggiungere quest’obiettivo. Ad esempio, se le quote investite nei due titoli sono pari, rispettivamente, al 60% e al 40%, il valore atteso e la deviazione standard del tasso di rendimento del portafoglio sono pari, rispettivamente, al 12% e al 14,87%. Si tratta di un miglioramento rispetto al trade-off tra rischio e rendimento atteso relativo al primo titolo: il tasso di rendimento atteso è più alto, in misura pari al 2% (= 12% – 10%), mentre la deviazione standard è più bassa, in misura pari all’1,13% (= 14,87 – 16).