SINTESI DEL QUADRO MACROECONOMICO
Lo scenario macroeconomico
Stati Uniti in leggera frenata, migliora il quadro europeo. Negli Stati Uniti si conferma una crescita robusta per il ciclo economico, nonostante un inatteso rallentamento della crescita dell’occupazione. In area curo è un inizio d’anno segnato da diverse sorprese positive sul fronte dei dati sia con riferimento alle indagini che alle statistiche reali. Diversi i fattori di sostegno alla crescita che portano anche a sostanziali revisioni al rialzo per il PIL sul prossimo biennio.
Il mercato azionario
Borse toniche in attesa di un salutare ritracciamento. La salita degli indici è ripica e in molti casi evidenzia livelli troppo elevati, pertanto, aumentano le probabilità di un ritracciamento nel breve; tuttavia, l’eccesso di liquidità accentuato dal QE e la mancanza di alternative interessanti sostengono gli investimenti nell’azionario nell’Eurozona nel medio periodo.
Il mercato obbligazionario
La BCE fa ridurre ulteriormente i rendimenti. L’avvio effettivo del Quantitative Easing da parte della BCE e i dettagli tecnici su come verranno effettuati gli acquisti hanno nato un nuovo forte impulso ai flussi in acquisto sia sui titoli cosiddetti “core” (come la Germania) che sui periferici (come l’Italia). Alla base di questo rinnovato vigore si possono individuare prevalentemente due fattori: l’effetto scarsità e la diversa distribuzione degli acquisti sulla curva delle scadenze.
Le valute
Consolida il dollaro dopo una Fed più cauta. Il dollaro consolida le proprie posizioni interrompendo il trend di rialzo sulla scia della maggior cautela espressa dalla Fed circa rialzo dei tassi. L’euro, già indebolitosi dopo il varo della politica quantitativa BCE, riguadagna qualche posizione pur lasciando inalterato il quadro di medio-lungo termine che non esclude
ulteriori deprezzamenti.
Le materie prime
Commodity ancora deboli, resta cruciale il petrolio. Il 2015 resta caratterizzato da un avvio di quotazioni in calo. La discesa del prezzo del petrolio ha causato lo stop di parte degli investimenti nel settore petrolifero. La sovrabbondanza produttiva sia del petrolio di estrazione classica, alimentato anche dalle attese di ritorno del petrolio iraniano, che dello shale-oil USA, si somma a una domanda mondiale ancora fiacca ma le prospettive sono a nostro parere di una ripresa delle quotazioni.
MACROECONOMIA
USA: segnali di rallentamento dell’occupazione. Negli Stati Uniti il mese di marzo vede una brusca battuta d’arresto per il mercato del lavoro che, rispetto al trend particolarmente robusto degli ultimi mesi, registra l’aggiunta di soli 126 mila nuovi occupati rispetto ai 245 mila attesi. Il dato tocca così il minimo da dicembre 2013 e si attesta al di sotto anche della previsione più negativa tra le proiezioni degli economisti. Il dettaglio dei singoli settori per l’indagine presso le imprese mostra rallentamenti diffusi e in particolare mette in luce la debolezza del settore manifatturiero che in marzo, invece che aggiungere mille nuovi occupati ha sottratto mille contratti. Il brusco ridimensionamento della dinamica occupazionale appare principalmente legato agli effetti negativi del clima particolarmente rigido dei mesi invernali, ai quali si sono aggiunti il calo di attività ed investimenti nel settore energetico e all’avvio di anno più debole delle attese per il ciclo del PIL. E importante però considerare come il dato sulle buste paga di marzo segni per certi versi una fisiologica correzione rispetto ai livelli di crescita particolarmente sostenuti nel periodo tra novembre e febbraio. Segnali più incoraggianti peraltro emergono dall’indagine condotta presso le famiglie che lascia il tasso di disoccupazione stabile al 5,5% in marzo per il secondo mese consecutivo. Nel complesso, le statistiche di marzo segnalano una correzione della dinamica occupazionale che appare almeno in parte fisiologica ma che al tempo stesso riflette l’inizio d’anno probabilmente più debole delle attese iniziali per l’economia statunitense. Al clima rigido dei mesi invernali si sta infatti sommando l’impatto del rafforzamento del dollaro che potrebbe essere più rilevante di quanto presupposto dagli analisti e dalla Fed.
Area euro: sorprese positive per la crescita. Il passaggio dal 2014 al nuovo anno ha riservato qualche sorpresa positiva sul fronte della crescita: non solo le stime finali del PIL nel 4° trimestre hanno confermato l’accelerazione del ciclo economico sostenuta da consumi e canale estero, ma anche le previsioni recentemente pubblicate dalle istituzioni europee (BCE e Commissione UE) hanno incorporato significativi aggiustamenti al rialzo per il prossimo biennio. Il miglioramento dello scenario dipende da diversi fattori ma mantiene comunque un profilo di espansione del PIL piuttosto modesto; rimangono infatti numerosi i fattori di rischio e una forte dispersione tra i vari Paesi. Sul fronte dei consumi, al miglioramento del tono delle indagini dette famiglie sono corrisposti inattesi progressi anche per le vendite al dettaglio. Positivo il tono dei sondaggi presso le imprese con le PMI che, per la prima volta da circa un anno, hanno segnalato attività in espansione contemporaneamente in tutte e 4 le principali economie della zona euro (Germania, Francia, Italia e Spagna). Ancora i dati di fiducia faticano a trovare pieno riflesso nelle statistiche reali ma la produzione industriale segna una variazione positiva nell’ultimo trimestre.
SINTESI SUGGERIMENTI OPERATIVI
Lo scenario macroeconomico continua a delineare un quadro di moderata crescita a livello globale. Tra le singole aree geografiche rimangono ancora elementi di divergenza, e, nei prossimi mesi, la differenza di atteggiamento di politica monetaria tra le principali Banche Centrali è desinato ad influenzare anche la dinamica dei principali indicatori economia. Negli Stati Uniti l’attività economica reale ha subito un rallentamento a causa delle condizioni metereologiche avverse, mentre in area euro sono proseguiti i segnali positivi con il progressivo miglioramento di alcuni indicatori anticipatori e fiducia. Le principali criticità rimangono comunque legate all’elevata disoccupazione e alla necessità di attuazione delle riforme sulla crescita. In Giappone le condizioni economiche rimangono sostanzialmente stabili mentre all’interno dei Paesi emergenti lo scenario macroeconomico rimane fortemente eterogenea. Sebbene la regione asiatica sia al momento quella con tassi di crescita più robusti, in Cina nelle ultime settimane si è osservato un ulteriore indebolimento di alcuni indicatori anticipatori. Nel corso del mese di marzo la crescita dei rendimenti soprattutto sulle scadenze extra-lunghe della curva benchmark dell’area euro è stata guidata dagli acquisti di titoli governativi da parte della BCE. Permane incertezza in merito alla situazione greca: Atene, sempre più a corto di liquidità, in assenza di progressi sulla nuova tranche di prestiti, punta a negoziare una soluzione politica, ma l’esito appare quanto mai incerto. In un incontro a margine del Consiglio Europeo, Tsipras ha rassicurato i creditori internazionali che il suo governo presenterà presto una lista completa e specifica di riforme economiche per sbloccare i finanziamenti necessari, anche se continua un confronto dai toni piuttosto accesi. Il comunicato del FOMC, a seguito dell’incontro del 18 marzo, che si è concluso con tassi invariati allo 0,25% ha tolto il riferimento al termine «paziente» nei cambio di strategia di politica monetaria. Tuttavia “un aumento dei tassi in aprile è improbabile”, viene specificato, e una stretta diventerà appropriata «quando si vedrà un ulteriore miglioramento del mercato del lavoro e quando il Comitato sarà ragionevolmente fiducioso che l’inflazione tornerà verso l’obiettivo di medio termine del 2%».
La rilevanza delle misure annunciate dalla BCE e l’assenza di pressioni inflazionistiche continuano a creare un contesto favorevole al comparo obbligazionario. Sul mercato azionario l’elevata liquidità immessa nel sistema dalle Banche Centrali, le aspettative di un recupero del ciclo nelle diverse economie globali e il progressivo indebolimento della valuta unica continuano a sostenere l’andamento positivo dei listini azionari europei. Gli indici statunitensi mostrano invece debolezza relativa a causa di alcuni segnali di perdita di momentum del ciclo macroeconomico e dell’impatto della forza del dollaro sull’economia domestica e sulle stime di crescila degli utili aziendali. Manteniamo una visione moderatamente positiva sui mercati azionari nel medio periodo, supportata dallo scenario di moderata crescita a livello globale, dal miglioramento di molti indicatori di fiducia, in particolare in area euro e dall’elevata liquidità presente nei sistema. Tuttavia nel breve termine l’aumento della volatilità dopo gli elevati apprezzamenti registrati nei primi mesi dell’anno e il persistere di rischi geopolitici in diverse aree del mondo potrebbero rappresentare un fattore d’instabilità sui mercati e potrebbero minare il clima di fiducia degli investitori. Per questo motivo si rinnova il suggerimento di prendere selettivamente profitto su alcune posizioni in utile e mantenere un’adeguata diversificazione con strategie non direzionali.
MERCATO AZIONARIO
Aumentano le probabilità di un ritracciamento nel breve periodo. Prosegue la forza relativa degli indica dell’Eurozona che beneficiano del particolare momento in cui non solo si assiste a una divergenza rispetto agli indici statunitensi, ma ad un trasferimento di flussi dagli Stati Uniti, considerando la debolezza della moneta unica e l’attuale disallineamento delle politiche delle Banche Centrali. La salita degli indici è comunque ripida e in molti casi evidenzia livelli molto elevati, pertanto, aumentano le probabilità di un ritracciamento nel breve; tuttavia, l’eccesso di liquidità accentuato dai QE e la mancanza alternative interessanti sostengono gli investimenti nell’azionario dell’Eurozona nel medio periodo. Confermiamo la nostra preferenza per gli indici europei rispetto a quelli statunitensi sulla scia del cambio favorevole all’Eurozona e al basso prezzo del petrolio.
In mento ai fondamentali dell’Euro Stoxx, rapporti tra prezzi e utili si confermano più alti rispetto alla media storica 2008-14, anche se le stime di crescita degli utili, per il biennio 2015- 16, restano elevate al 15,5%. Le trimestrali evidenziano un miglioramento dei conti mediamente risultano superiori alle attese.
Prosegue la corsa degli indici italiani sulla scia delle migliorate prospettive congiunturali favorite dal cambio, dalle basse quotazioni del petrolio e dagli effetti futuri del Quanitative Easing. Prosegue il processo delle riforme, seppur a fatica, mentre i minori interessi pagati sui debito per i minori tassi dovrebbero consentire importanti risparmi per la finanza pubblica in prospettiva.
Intanto la stagione delle trimestrali statunitensi appena conclusa e relativa al 4° trimestre conferma sorprese positive nel 68% dei casi con una crescita degli utili pari al 4,2% che risente del forte calo del settore energia (-17,1%, che rappresenta il 7,8% dell’S&P500) e che sale al 7% se depurata dai finanziari, Per il primo trimestre 2015 si stimano utili in calo del 5,8%, data la flessione rilevante del comparto energia (-63%); escludendo l’energia gli utili sono attesi crescere del 9%.
SUGGERIMENTI OPERATIVI AZIONARIO
È proseguito nelle ultime settimane il recente trend di miglioramento dei fondamentali macroeconomici di area euro, in particolare dei principali indicatori legati alla fiducia dì consumatori e investitori. Il miglioramento del sentiment è a sua volta sostenuto dalle operazioni non convenzionali di politica monetaria espansiva da parte della Banca Centrale Europea, i primi segnali di ripresa dell’economia reale si traducono in un aumento delle attese da parte degli investitori per un’accelerazione degli utili aziendali guidata dall’incremento della domanda globale, dall’aumento delle esportazioni favorite dall’indebolimento dell’euro e dall’aumento della spesa dei consumatori conseguente alla riduzione dei costi energetici. A livello settoriale i comparti ciclici dovrebbero essere i più favoriti in uno scenario di ripresa della congiuntura, con implicazioni positive in termini di aumento degli investimenti e della produttività aziendale a supporto della crescita dei ricavi, soprattutto per le aziende maggiormente esposte ai mercati internazionali rese più competitive dall’andamento valutario favorevole. In questo contesto rinnoviamo la preferenza in termini geografici per il mercato azionario europeo. Questi mercati, tuttavia, rimangono sensibili a eventuali rialzi repentini della volatilità a causa di eventuali sorprese negative sul fronte macroeconomico o notizie di carattere politico. Per questa ragione privilegiamo l’investimento su questa classe di attivo con soluzioni non direzionali.
MERCATO OBBLIGAZIONARIO
Titoli di Stato: la politica a quantitativa BCE riduce i rendimenti
Dopo una breve fase di prese di profitto in febbraio, l’avvio effettivo del Quantitative Easing da parte della BCE e i dettagli tecnici su come sono effettuati gli acquisti hanno dato un nuovo forte impulso ai flussi in acquisto sia sui “core” che sui periferici, con una netta preferenza per il segmento lungo ed extra-lungo della curva delle scadenze. La conseguenza è che i tassi di mercato sono ai minimi storici per la maggior parte dei Paesi. Sul mercato domestico, il BTP a due anni tratta in area 0,15% dallo 0,45% di inizio anno; ben più ampia la discesa di rendimento sul decennale (50 punti base) che arriva a rendere poco sopra l’1% e del trentennale, che mette a segno un calo in termini d tasso di circa 100 punti base, passando dal 3,1% al 2,1%. I flussi di mercato stanno avendo un impatto importante anche sulla struttura della curva dei mercai core: sui mercato tedesco si registrano ormai tassi negativi fino ai sette anni di scadenza. Alla base di questo innovato vigore, sui mercato dei titoli di Stato europei si possono individuare prevalentemente due fattori, resi evidenti con la riunione della BCE di inizio marzo e la conseguente diffusione dei dati tecnici sull’implementazione del Quantitative Easing. Questi due fattori – l’effetto scarsità e la diversa distribuzione degli acquisti sulla curva delle scadenze – potrebbero portare a distorsioni probabilmente temporanee, tra le curve di rendimento dei vari Paesi dell’area euro. Queste considerazioni riflettono ancora una volta il “peccato” originate dell’Unione Monetaria, ossia che ad una politica monetaria unica non corrisponde una sola politica fiscale e quindi uno stock di debito che possa essere trattato come un unicum.
Obbligazioni corporate: prosegue la “caccia al rendimento”. Nel corso dette ultime settimane l’attenzione degli operatori ha continuato ad essere focalizzata sull’evoluzione delle politiche monetarie e sugli sviluppi del quadro macroeconomico. Per valutare le prospettive del comparto delle obbligazioni corporate, occorre tenere presente che l’impostazione di politica monetaria della BCE e lo scenario macroeconomico sopportano prospettive di tassi “core” compressi e ciò dovrebbe sostenere la performance dei Titoli cosiddetti investment Grade (IG). Gli high yield (HY), d’atro canto, dovrebbero beneficiare, da un lato, delle buone prospettive dei listini azionari e, soprattutto, della ricerca di rendimento collegata all’ulteriore calo dei rendimenti dei titoli di Stato. Sugli HY gli spazi di performance sono più elevati ma, al contempo, i titoli speculativi sono ovviamente più vulnerabili ad un contesto di avversione al rischio.
SUGGERIMENTI OPERATIVI OBBLIGAZIONARIO
Il comparto obbligazionario dell’area euro, sostenuto dal Quantitative Easing della Banca Centrale, resta anche un investimento privo di rischio per gli investitori preoccupati dalla crisi greca. La probabilità che i contrasti tra la Germania, in particolare, e il governo ellenico proseguano nei prossimi mesi alimenta infatti l’incertezza e spinge i flussi verso governativi, core in particolare. Tuttavia il livello minimo storico raggiunto dai tassi di rendimento ne rende allo stato attuale particolarmente elevate le valutazioni. In seguito all’ultimo comunicato del FOMC, dai toni più espansivi del previsto, il mercato ha posticipato le attese per la svolta di politica monetaria della Fed tassi di rendimento sulla curva USA risultano in lieve riduzione rispetto ai livelli di fine febbraio.
Comparto obbligazionario societario: il premio al rischio richiesto sui comparti derivati corporate investment grade e high yield risulta poco variato rispetto ai livelli di fine febbraio, pari rispettivamente a 55 e 260 punti base, mentre premio al rischio sul comparto cash, in termini di ASW spread, è lievemente aumentato. In un contesto di tassi prossimi a zero o negativi i titoli corporate offrono agi investitori l’opportunità di investire la liquidità a rendimenti modesti, ma pur sempre positivi.
Strategie flessibili con filosofia reddito: alla luce degli attuali livelli di tassi breakeven (differenza tra rendimenti reali e nominali) estremamente contenuti dell’elevata liquidità presente ne sistema finanziario grazie alle operazioni espansive di politica monetaria da parte delle principali Banche Centrali e della prospettive di normalizzazione dei tassi di interesse in Paesi come Stati Uniti e Inghilterra, si suggerisce di diversificare i componente obbligazionaria del portafoglio con obbligazioni indicizzate all’inflazione. Si suggerisce quindi in ottica di medio/lungo termine di iniziare a costruire posizioni se questa classe di attivo preferendo prodotti con un rischio tasso di interesse ridotto.
VALUTE
USD: pausa nel trend di rafforzamento del dollaro dopo i commenti del Presidente della Fed Yellen secondo cui la Banca Centrale inizierà a rialzare gradualmente i tassi e solo più avanti nel corso dell’anno. Il cambio di strategia di comunicazione della Fed ha convinto gli operatori che la svolta nella politica monetaria non sia poi così prossima.
EUR: Draghi ha ribadito la possibilità chi proseguire gli acquisti di titoli anche oltre settembre 2016, qualora fosse necessario. Ciononostante, complice il moderato indebolimento dell’economia USA l’ipotesi della parità con la valuta USA si allontana forse di qualche mese nonostante il forte peso del programma di acquisti della BCE.
GBP: il governatore de la Banca d’Inghilterra Carney ha confermato che la prossima mossa sui tassi d interesse sarà al rialzo provocando un immediato recupero della sterlina. I dubbi del mercato riguardano tuttavia le tempistiche: il rialzo potrebbe concretizzarsi sul finire del 2015 o addirittura nel 2016.
JPY: l’inflazione giapponese di febbraio in calo ha lasciato aperta la porta a un futuro ampliamento della liquidità da parte della Banca de Giappone. La Banca Centrale è rimasta attendista nell’ultimo meeting, ma continua a valutare un aumento di stimolo monetario già nella seconda parte del 2015, con possibili riflessi di deprezzamento sullo yen.
MATERIE PRIME
Energia: permane l’eccesso di offerta nel comparto, frutto anche dell’abbondanza di shale-oil statunitense. Paiono invece migliorare le stime di fondo sul medio-lungo termine, vista la forte contrazione degli investimenti delle principali aziende petrolifere mondiali, per effetto della contrazione delle quotazioni in atto.
Metalli preziosi: prosegue il ribasso del comparto vista la mancanza di reazione di oro e argento – e dei preziosi in generale – alle tensioni sui mercati. Il sistema finanziario appare caratterizzato da una scarsa avversione al rischio tra gli operatori, nonostante le turbolenze su valute e petrolio e le fasi alterne di volatilità delle borse.
Metalli industriali: il mancato rinnovo dei programmi di stimolo cinesi contribuisce in modo determinante al ribasso in atto, viste le difficoltà del Paese asiatico a replicare tassi di crescita del passato, in un quadro in cui i metalli consolidano intorno ai livelli raggiunti a fine 2014. Le prospettive economiche della Cina restano cruciali per il comparto.
Prodotti agricoli: gli agricoli sono influenzati dall’ennesimo rapporto WASDE che riconferma un surplus costante di offerta e un conseguente rialzo delle scorte, che contribuisce a rendere più fosco il quadro di fondo. Il ribasso del petrolio riduce drasticamente anche la domanda di
Biocombustibili, alla luce del basso costo dei carburanti fossili.